Ecco come imbavagliare l'informazione



Torno a parlare dello spinoso problema dell'informazione gratuita, dibattito su cui si discute già da tempo ma che negli ultimi giorni è entrato nel vivo per le dichiarazioni di Murdoch. In particolare mi ha colpito un articolo de Il Sole 24 Ore che riporta le opinioni sulla questione degli esperti del settore.

John Elkann (editore della Stampa), scommette per il futuro sui micropagamenti e sostiene che più si è disposti a pagare per l'informazione più questa può essere «indipendente e di qualità». Già questo, dunque, mi fa pensare che vogliano fin da ora venderci un prodotto. Che l'informazione spesso sia pilotata da esigenze economiche e pubblicitarie è un fatto assodato, ma facendoci pagare le notizie siamo sicuri di ottenere quel vantaggio di cui parla Elkann? Assolutamente no, sia perché non si rinuncerebbe del tutto alla pubblicità ma gli si affiancherebbe semplicemente un ulteriore entrata, sia perché ogni giornale (sia esso cartaceo o online) risponde comunque ad una determinata linea editoriale. Quale indipendenza, allora?

Sulla qualità, invece, è interessante la tesi di Carlo de Benedetti, presidente del gruppo L'Espresso, secondo il quale per i giornali può esistere «uno spazio per conquistare utenti web disposti a pagare i contenuti giornalistici». Spazi che «per avere un valore "commerciabile", (...) devono avere un elevato tasso di esclusività e di valore aggiunto», come è il caso del Wall Street Journal. Questo significa, però, che la "notiziola" reperibile gratuitamente un po' dapertutto potrebbe essere l'unica cosa che i più potranno permettersi di leggere tranquillamente in internet, a discapito dell'informazione e della conoscenza. Ci troveremmo, probabilmente, a dover fare i conti con una tv ancora più inquinata dagli interessi economici e politici e con un'informazione professionale accessibile in maniera sempre più ridotta.

L'alternativa sarebbe quella di reperire uno spazio alternativo che possa davvero riequilibrare il diritto ad un'informazione libera e gratuita. Potrebbero essere i blog indipendenti (e non intendo né i blog network né i nanopublishing) a farsi espressione di questa esigenza. Oggi sembrano esserci le condizioni necessarie che fanno sperare in uno scenario del genere (anche economiche, visto che alla fin fine non sono nemmeno pochi i blogger professionali che riescono a vivere di questo lavoro, del blogging) ma le difficoltà restano comunque tante.

Chiudo riportando un ulteriore indicazione letta su Penne digitali, che cita a sua volta un articolo di Repubblica: a monte noi già paghiamo per usufruire di internet, il servizio non è affatto gratuito. Ora vogliono farci pagare anche ciò che leggiamo o che vorremmo/potremmo leggere.

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